Cose da non fare a scuola (il difficile compito di essere adulti)

By 17 Marzo 2016notizie

Cose da non fare a scuola (il difficile compito di essere adulti)Da Bologna un contributo sulla grave vicenda dei cani e della polizia nelle scuole.

Irruzioni delle forze dell’ordine con tanto di cani antidroga al seguito per perquisire locali e studenti a scuola non si fanno. Punto. Poi, chi vuole si diverta pure ad affrontarsi a colpi di like tra pro e contro nello spazio vacuo dei social. Su temi così importanti sempre meglio il fracasso del silenzio. Ma noi siamo educatori, insegnanti, non ci possiamo permettere di risolvere la questione con facili slogan, da qualunque parte essi vengano sbandierati. Noi il disagio minorile lo dobbiamo affrontare ogni giorno, non lo possiamo certo nascondere o eliminare con la repressione. Non ci spaventano certo il confronto e la collaborazione con i giovani o con le altre istituzioni, forze dell’ordine comprese, che pur con mandati diversi, si occupano di questi temi. Tutt’altro, il contributo di tutti gli attori non solo è auspicabile, ma necessario se si vuole realmente attivare percorsi progettuali di prevenzione che abbiano a cuore soprattutto l’interesse dei ragazzi.Questo è il motivo per cui parteciperemo all’assemblea che si terrà Giovedì 17 Marzo al liceo socio-psicopedagogico Laura Bassi. Siamo stati invitati come professionisti, ma noi parteciperemo anche come adulti, perché in primis tali siamo.Il nostro ragionamento è semplice: le scuole non possono usare forze dell’ordine e cani antidroga come azione di routine per generare un nuovo modello pedagogico. Se questa cosa passa come prevenzione all’uso e abuso di sostanze allora abbiamo perso in partenza. Tutti.Anche il manualetto pedagogico più scalcinato non può che cominciare con l’assunto che famiglia e scuola sono rispettivamente la prima e la seconda agenzia educativa. Poi viene il territorio (servizi educativi, associazionismo vario, polisportive, parrocchie).
Qualcuno può seriamente pensare che l’autorità giudiziaria possa sostituirle? La cosa ci spaventa e non poco. Dobbiamo quindi porci la vera domanda: dov’è finita la scuola, o meglio, dove sono finiti gli adulti che per definizione si devono occupare della formazione dei cittadini più giovani? Perché un dirigente scolastico permette che nel proprio istituto entrino i cani antidroga? Alla sicurezza all’interno della scuola ci devono pensare gli insegnanti. Da sempre.
E’ evidente l’effetto a caduta dell’arretramento dalle proprie responsabilità del mondo adulto. La crisi della genitorialità non è certo roba di oggi e, venendo a mancare il primo filtro educativo, sulle spalle di una scuola spesso e volentieri lasciata sola e con poche risorse, ricade il più delle volte l’intero peso dell’educazione dei minori. Di conseguenza la tentazione di abdicare al proprio ruolo, evidenziando la propria fragilità di fronte ad un compito così spaventoso da assolvere con mezzi così risibili, è alta. Il risultato è inevitabile e sotto gli occhi di tutti: campo aperto alla repressione. Ma i giovani non sono criminali, i giovani sono giovani e basta, l’adolescenza è la più delicata delle transizioni diceva Victor Hugo, se a scuola commettono reati bisogna rispondere rimettendo in campo progetti efficaci di prevenzione, poi credendoci e sostenendoli. Saremo forse degli ingenui, ma a nostra memoria le droghe sono sempre esistite ma non per questo i cani antidroga entravano allegramente nelle scuole. Il confronto/conflitto con il mondo adulto è un diritto dell’adolescente, sottrarvisi è quanto di più diseducativo esista.
I cani antidroga a scuola segnano la sconfitta del sistema educativo, tutto.
Questi eventi di cronaca vanno sulle prime pagine dei giornali, colpiscono l’immaginario collettivo per qualche giorno, poi tutto torna come prima. Queste azioni sono dimostrative di una forza che in realtà nasconde debolezza e mancanza di pratiche educative di prevenzione programmate e coerenti. Ci parlano di genitori e insegnanti che non sono in grado di cogliere i segnali del disagio dei ragazzi e che non intervengono per affrontarlo con strumenti d’informazione e formazione quotidiana. Lo sappiamo bene, nei processi formativi azioni estemporanee e repressive, autoritarie e non autorevoli, non funzionano. Mai. Non possiamo certo chiamare i carabinieri a Scuola tutti i giorni eppure noi sappiamo che a Scuola, esattamente come fuori, tutti i giorni i ragazzi fanno esperienza diretta o indiretta d’illegalità più o meno gravi.
Allora diventa importante chiedersi quale obiettivo si vuole raggiungere con i blitz delle forze dell’ordine. E quanto è credibile agli occhi dei ragazzi un mondo adulto che perde la pazienza e usa la forza.
L’abbiamo già detto e lo ribadiamo, non si discute della necessità di collaborazione e integrazione tra Istituzioni Scolastiche e Formative, Servizi Socio- Sanitari e Forze dell’Ordine, prassi auspicabile e opportuna, ma di come questa si agisce.
Alcuni territori hanno potuto sperimentare modalità diverse di collaborazione tese alla prevenzione che hanno dato risultati positivi, creando un luogo e un tempo di riflessione e di programmazione d’intervento che ha coinvolto in modo duraturo gli operatori delle diverse istituzioni.
Queste pratiche di collaborazione possono e devono assumere il senso di un pensiero adulto che non guarda altrove e affronta con continuità il tema dell’uso di sostanze e della violenza tra i più giovani.
Un pensiero che nasce dal confronto tra differenti professionalità e che si traduca in interventi con finalità comuni: formare le giovani generazioni, conoscere e monitorare i fenomeni giovanili, individuare chi è in difficoltà ed esprime un bisogno reale che richiede interventi diversi e specifici prima che sia troppo tardi.
Queste pratiche non possono però essere solo dettate dalla buona volontà di qualche insegnante o operatore, ma devono essere inserite nella programmazione, nelle linee guida, nei protocolli, devono diventare prassi consolidata e prevedere le risorse necessarie per garantirne la continuità.
Da parte sua, la buona Scuola è quella che si pre-occupa della crescita dei cittadini, che ascolta e non delega l’educazione alla repressione, ma attiva risorse che consentono agli insegnanti di progettare interventi mirati in collaborazione con altri soggetti competenti: progetti di alternanza scuola lavoro che contrastino alla radice la dispersione scolastica, progetti integrati di educativa di strada per agire contro l’uso e abuso delle sostanze, progetti di informazione sui rischi e prevenzione del bullismo informatico, progetti di educazione alla scelta in campo formativo e lavorativo e potremo andare avanti all’infinito.
I cani usiamoli per la pet therapy.

Simona Bruni, Paolo Coceancig, Cinzia Lenzi (Coalizione Civica per Bologna)

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