Nell’estate del 1898, il 4 luglio, già ricevuta il 5 giugno l’onorificenza di Grande ufficiale dell’Ordine militare di Savoia per aver represso nel sangue i moti di Milano del maggio (81 morti e 450 feriti), il generale Fiorenzo Bava Beccaris venne nominato senatore dal re Umberto I. Due anni dopo, il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci, dopo l’assassinio di Umberto I, dichiarava di aver voluto “vendicare i morti del maggio 1898 e l’offesa della decorazione al criminale Bava Beccaris”.
Sotto il profilo giuridico Fiorenzo aveva agito nel pieno della legalità, con lo stato d’assedio per Milano firmato dal primo ministro di Rudinì; e Gaetano era un omicida, con l’aggravante di un ucciso che rappresentava, per ruolo, per dinastia, per gli scampoli di sacralità regia sopravvissuti all’800 positivista, lo Stato e la sua personificazione.

XM24 un anno dopoI reati insomma son reati. Contro le cose, contro le persone. Se si esce dalla legalità si paga, anche se noi buonisti di sinistra abbiam spesso il vezzo di guardarli questi reati con una graduatoria che talvolta non è proprio corrispondente a quella del codice, ed abbiam facile gioco – sbagliando? – a non saper ben distinguere tra il reato che è e rimane reato, e quelle azioni a danno della comunità che sembran sempre capaci di avvalersi di tutti i crismi del legale, ed anche quando non li han tutti e vengon intercettati e scoperti, sembran comunque e sempre avere gli strumenti per ritardare o impedire le conseguenze di azioni che alla fine son reati senza reo e senza fio, speculazioni, corruzione, razzismo, sessismo, sfruttamento. Sotto il profilo storico, insomma, i netti contorni giuridici subito si frastagliano.

Xm 24 ha avuto una storia lunga quasi un ventennio. Vederla finire in un “reato di devastazione e saccheggio”, forse capo di accusa utile per una energica ed efficace azione investigativa, pare tuttavia un poco ultroneo ai fatti del 28 maggio 2020, con i suoi (stimati alla buona) 40 mila euro di danni. Il reato c’è stato, e che sia perseguito. Ma non occorre una raffinata cultura giuridica per supporre che un “indiscriminato sfogo di istinto vandalico idoneo a mettere in serio e grave pericolo, oltre ai beni in concreto aggrediti, anche l’incolumità dei cittadini che si trovino nelle vicinanze” (Cass. Sent. n. 18032/2012) non ci sia stato. E se ognuno deve pure fare il suo mestiere, le perplessità rimangono.

E se poi si volesse aprire una riflessione di critiche e di proposte, in epoca di pandemia, di povertà crescente e di politiche pubbliche agonizzanti, sul futuro di un quartiere come la Bolognina che contiene una ricchezza grande di opportunità e di dissidenza, di opportunità anche perché c’è dissidenza, e che mostra così fiori selvaggi che a voler trattare col diserbante mostrerebbero di lasciar il posto a un terriccio sterile, beh, se se ne vuol parlare anche fuori dalle aule di tribunale, una cosa sbagliatissima non sarebbe.

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