Negli ultimi mesi, il senso comune linguistico si era sbarazzato della categoria di sicurezza associata all’area semantica del degrado, della povertà, dei migranti, e l’aveva restituita al diritto alla vita ed alla salute. C’è voluto il Covid per farci fare un passo avanti, ma è bastata la stampa locale per farci tornare alle vecchie cattive abitudini”. Riporto, qui si seguito, il testo integrale del mio intervento su “Legalità e sicurezza: due concetti da declinare in concreto”, svolto oggi, nella seduta dell’ultimo Consiglio comunale del 2020.


Grazie Presidente. Come sapete, da giorni è in corso, sui giornali, un dibattito (tra molte virgolette) relativo alle nozioni di legalità e sicurezza, che sarebbero argomenti osteggiati dalla formazione politica che rappresento.
Non ho risposto, fino a oggi, perché, quando è possibile, su questi argomenti rientra nel mio stile rispondere in questa sede, non solo per il rispetto che nutro per le istituzioni rappresentative, ma anche perché mi pare un argomento che riguarda da vicino i cittadini e le cittadine che, nel bene e nel male, proviamo a rappresentare.
È peraltro provenuto, proprio ieri, su Facebook, da parte di un’autorevole sindacalista della Camera del Lavoro di Bologna, più volte ascoltata in commissione, l’invito a “declinare” questi temi in concreto: invito quanto mai opportuno, visto che il dibattito mi pare indebitamente astratto, incomprensibile ai cittadini e – con tutto il rispetto – molto politicista. Vorrei in primo luogo rammentare a me stesso – scusandomi per la sintesi grossolana – che il principio di legalità matura, al tempo dell’illuminismo, come principio sommamente garantista, in risposta al potere oppressivo dell’Ancien Régime, nella transizione post-rivoluzionaria verso lo stato liberale e di diritto.
È un principio che interessa tutti e tre i poteri dello Stato: da un lato il legislatore, che come rappresentante del Popolo, non può demandare ad altri le proprie prerogative, esercitando con legge il proprio essenziale ruolo normativo. Dall’altra quelli esecutivo e giudiziario, che devono svolgere le rispettive funzioni in conformità alla volontà del popolo sovrano.
Ovviamente molti e diversi corollari discendono da questa sintesi rozza e approssimativa. Per evitare di essere arbitrario, uso la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo per ricordare – come affermato nel caso Hentrich (Sentenza 22 settembre 1994) – che il requisito di legalità è soddisfatto dalla sufficiente accessibilità, precisione e prevedibilità della norma.
Ora, si potrebbe lungamente parlare – come capirete – del grado di violazione di tale principio nel nostro Paese. Mi limito a ricordare che, da tempo, un tempo che precede di molto l’attuale emergenza sanitaria, viviamo una stagione in cui la maggior parte delle regole sono dettate da soggetti diversi dal Parlamento, al di fuori di tutte le procedure previste dall’ordinamento costituzionale. Per non parlare della loro chiarezza… Ma arriviamo a Bologna, per provare a dire quali declinazioni del concetto di legalità Coalizione Civica Bologna abbia trovato peregrine e bizzarre oltre che, in qualche caso, persino insopportabili.
Pensate al rifiuto, inizialmente opposto da questo Comune, all’interpretazione costituzionalmente orientata dei decreti sicurezza, suggerita anche da Coalizione civica per consentire l’iscrizione dei richiedenti asilo all’anagrafe e, come noto, poi assunta dalla giurisprudenza di molti tribunali.
Pensate a quale accessibilità, precisione e prevedibilità delle norme vi fosse in occasione delle violazioni riscontrate da parte di piccoli esercizi di prossimità da parte della comunità pakistana.
E, andando indietro nel tempo, pensate alla task force antidegrado e alla solerte applicazione della misura del daspo urbano ai “senza fissa dimora” che dormivano in viale Masini, andata in scena una prima volta nel novembre 2017 e, meno di un anno dopo, nell’ottobre 2018.
E ancor prima, pensate allo sgombero di Atlantide, durante una trattativa con la Giunta comunale, che costò le dimissioni di un assessore alla Cultura.
Si tratta di esempi che indicano una gerarchia di priorità che non esitiamo a definire sbagliata, rispetto ai quali è assai discutibile la circostanza che si sia agito in nome della legalità e non, invece, distorcendone il concetto. Non è troppo dissimile il discorso con riguardo al lemma sicurezza.
Badate, pochi beni giuridici sono parimenti preziosi. Specie in un’aspra stagione nella quale si moltiplicano i femminicidi domestici – come abbiamo ascoltato in VII commissione – o i casi di bullismo, cyberbullismo e violenza specie, ma non soltanto, ai danni di persone del mondo LGBTQI; o, ancora, mentre si decuplicano gli indebitati e i morosi incolpevoli a rischio sfratto e si attendono gli effetti devastanti della fine del blocco dei licenziamenti, come ben sa chi abbia seguito i lavori della III Commissione. E dirò di più, perché non voglio eludere il tema della sicurezza urbana.
Mi chiedo, e vi chiedo, se, a fronte delle univoche statistiche sul calo dei reati contro le persone e la proprietà, vi sembri prioritario riempire le carceri o piuttosto svuotarle, visto che il sovraffollamento carcerario è, quella sì, una vera emergenza del nostro tempo.
Mi chiedo, e vi chiedo, se sbagliava chi ha governato in passato questa città impegnandosi a creare cooperative e costruire case popolari in grado di risolvere i disagi sociali che si trovano alla base della criminalità, piuttosto che case circondariali.
Mi domando, e vi domando se per combattere la criminalità, più o meno organizzata, sia prioritario assicurare alla giustizia un piccolo spacciatore di 17 anni o avviare un serio e realistico dibattito sulla legalizzazione delle sostanze stupefacenti.
Mi chiedo, e vi chiedo, se davvero vi preoccupi di più l’esistenza di un centro sociale che si preoccupa di assicurare corsi di lingua per migranti o distribuire medicinali e alimenti o la crescita del bisogno di corsi di lingua, di medicinali, di alimenti…
Mi domando e vi domando se vi paia accettabile che un giornale ascriva le criticità attestate da Il Sole24ore in materia di “sicurezza e gestione della giustizia” a un’ampia presenza di studenti fuorisede o se tale teorema, strampalato e indecente, non vada, per contro, avversato con tutti gli strumenti – e sono tanti – di cui dispone un Consiglio comunale come il nostro.
Permettetemi una battuta finale. Negli ultimi mesi, il senso comune linguistico si era sbarazzato della categoria di sicurezza associata all’area semantica del degrado, della povertà, dei migranti, e l’aveva restituita al diritto alla vita ed alla salute. C’è voluto il Covid per farci fare un passo avanti, ma è bastata la stampa locale per farci alle vecchie cattive abitudini. Non pretendo, con ogni evidenza, di aver offerto – in pochi minuti – una declinazione esaustiva dei concetti di legalità e sicurezza, essendomi limitato a fornire un modesto contributo utile a chiarire un punto di vista.
Senza dimenticare, da ultimo, che potreste agilmente immaginare quanto siano cari questi assunti a chi ha ricevuto il battesimo della politica vent’anni fa, nelle strade di Genova, mentre si consumava uno dei più gravi casi di sospensione dello stato di diritto e dei diritti democratici cui si sia assistito nel mondo occidentale.

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