Sicurezza: il fallimento delle politiche di Merola

Foto de Il Resto del Carlino 26-apr-2016

Purtroppo è notizia di ieri che “Una ragazzina di 16 anni è stata palpeggiata in Bolognina mentre camminava con la madre e il compagno di quest’ultima. La ragazza si trovava in via Ferrarese ieri alle 17 quando è sopraggiunto un uomo sulla trentina, rumeno, che l’ha toccata nelle parti intime.” Vedi la notizia su Il Resto del Carlino

Avendo una figlia di 17 anni posso immaginare il travaglio, la paura, la rabbia che sta provando quella famiglia per quello che è successo e a loro va tutta la mia solidarietà.

Ma c’è un’altra cosa che mi ha colpito di questa faccenda, e la foto che Il Resto del Carlino ha deciso di pubblicare a corredo di questa notizia è emblematica, nemmeno con l’esercito in campo il Sindaco è riuscito a difendere in un pomeriggio di primavera una ragazza di 16 anni che non era nemmeno sola. Questa foto non fa altro che sottolineare il fallimento delle politiche di sicurezza messe in campo da Merola. Non è con dei presidi spot che si aumenta la sicurezza, quelli sono solo dei deterrenti, poi basta voltare l’angolo e quando il gatto non c’è i topi ballano.

E non è nemmeno auspicabile che vi siano presidi in ogni angolo. Una città militarizzata è una città in guerra, non una città sicura. Anche le telecamere sono un deterrente, sono utili in caso di indagini (posto che funzionino e che abbiano una buona qualità delle immagini, cosa per nulla scontata) ma non si può lavorare solo con misure repressive o di contenimento. Bisogna lavorare a livello di prevenzione in maniera positiva e non solo punitivacome si sta fecendo ora con l’esercito. Bisogna tornare a vivere la città, ora la maggior parte di volte la si attraversa in chiusi nella propria auto, perchè a piedi è più facile che accadano episodi spiacevoli. Bisogna ricostruire un tessuto commerciale e culturale di “prossimità” che è stato spazzato via anche dalle politiche commerciali della grande distribuzione la quale ha azzerato il rapporto tra chi vende e chi compra, l’unico rapporto è con lo scaffale, e che ha relegato le persone all’abitacolo della loro auto, molto comodo per portare la maxispesa. Intendiamoci, la mia non è una crociata contro i centri commerciali, ma una lettura di quello che è accaduto, quindi per il futuro trovo controproducente, per la riqualifica del tessuto urbano, l’apertura di nuovi parchi degli acquisti mentre bisogna ragionare con un’offerta commerciale di prossimità diversa. La piccola bottega non può competere con il centro commerciale, deve quindi fornire un servizio diverso. Il centro commerciale punta sui prezzi bassi e sul fatto che il cliente si serve da solo. Il piccolo negozio deve puntare sulla qualità e dare modo al cliente di apprezzarla. Penso quindi al fornaio che organizza nel suo negozio mini laboratori per spiegare come si conserva il pane fresco o come si riutilizza il pane raffermo, al fruttivendolo che racconta come usare le erbe aromatiche o come coltivarle sul balcone, alla cartoleria che fa un laboratorio per realizzare biglietti di auguri, tutte iniziative che invitano le persone ad uscire di casa, vivere il territorio, socializzare e acquistare i prodotti nei rispettivi negozi.

Bisogna costruire una mobilità pedonale, ciclabile che sia fruibile e non un percorso ad ostacoli, marciapiedi larghi e senza buche, ben illuminati, con attraversamenti pedonali sicuri, piste ciclabili senza soluzione di continuità, facilmente individuabili e diffuse sul territorio. Serve un trasporto pubblico capillare, frequente e senza rotture di carico. In questo modo le persone tornano a vivere la città, a camminare per la città, non solo più ad attraversarla velocemente (o in fila) chiusi nelle loro auto. Partendo da queste cose si avvia un processo di riqualifica del tessuto urbano non solo strutturale (es. marciapiedi, ciclabili) ma anche culturale, non più luoghi dove si ha paura di camminare ma luoghi dove si è contenti di camminare.

 

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