Premessa

La Conferenza Territoriale Sociale Sanitaria metropolitana di Bologna ha presentato una proposta per la “Sanità del Futuro” per la riorganizzazione dei servizi sanitari a livello metropolitano.

La proposta non ci convince perché l’unica vera novità è la costituzione di un 3° IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) al S.Orsola-Malpighi nel quale concentrare le alte specializzazioni ospedaliere presenti nel  Policlinico e nell’Ausl Bologna, il cui obiettivo è quello di una nuova redistribuzione degli ambiti di potere all’interno della sanità bolognese a scapito della componente ospedaliera-AUSL.

Noi consideriamo essenziale, invece, partire dall’analisi dei bisogni delle cittadine e dei cittadini, delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie a disposizione dei servizi e della capacità attuale di risposta ai bisogni; è necessario formulare una proposta che risponda ai bisogni vecchi e nuovi della popolazione.

Il documento non fa nulla di tutto questo, ci sembra, quindi, una proposta senza “anima”.

Le nostre idee per la sanità metropolitana

I cittadini e le cittadine hanno diritto ad una sanità universalistica, pubblica e gratuita; sulla salute non è giusto fare profitti, quindi siamo contrari alla strisciante privatizzazione alla quale abbiamo assistito in questi ultimi anni anche in Emilia-Romagna (vedi per es. l’appalto ai privati di servizi sanitari all’interno delle strutture pubbliche, l’acquisto di prestazioni dai privati per ridurre le liste di attesa, la scelta di chiedere l’Istituzione di un IRRCS in una struttura privata a Cotignola per la prima volta nella nostra regione, affidare gli ospedali di comunità ai privati come proposto dall’Assessore Barigazzi).

Il principio dell’universalismo deve ispirare il funzionamento dei servizi sanitari e socio-sanitari e va combattuta la deriva di un potenziamento delle assicurazioni sanitarie private che sta rischiando di riportarci alla situazione precedente alla Riforma Sanitaria delle mutue di categoria o addirittura aziendali, a danno della sanità pubblica che si impoverirà progressivamente.

Il perno sul quale deve ruotare la riorganizzazione della sanità metropolitana sono le Case della Salute che sono la scelta organizzativa adeguata per rispondere all’esigenza di integrazione dei servizi sociali e sanitari e all’aumento della cronicità anche a seguito del crescente invecchiamento della popolazione.

Per concretizzare questa impostazione occorre assumere la scelta delle Case della Salute come asse strategico su cui riorganizzare i servizi sociali e sanitari e su questo investire risorse finanziarie ed umane; non si possono fare pure operazioni di facciata, come è in sostanza avvenuto sino ad ora, bisogna ripensare il modello organizzativo e le gerarchie nel sistema organizzativo sia dei servizi sanitari, sia dei servizi sociali calibrandoli sulle esigenze reali della popolazione.

Nel documento della Conferenza metropolitana ci sono due proposte che ci paiono condivisibili: quella di attribuire al Direttore di Distretto più poteri e quella di far svolgere i tirocini formativi della Facoltà di Medicina anche sul territorio.

Queste proposte, però, sono depotenziate in un contesto organizzativo quale quello che si delinea nel documento proposto che si muove nella logica di non mettere in discussione un assetto piramidale al cui vertice c’è l’azienda ospedaliero-universitaria, ruolo che viene rafforzato con la nuova proposta del 3° IRCCS al Sant’Orsola-Malpighi, alla cui base ci sono i servizi territoriali.

Bisogna pensare ad un modello organizzativo a rete, non a piramide, che si muova in una logica di processo in cui chi governa il processo deve essere nelle Case della Salute, cioè bisogna rafforzare l’interfaccia tra bisogni ed organizzazione delle risposte ai bisogni.

Il Direttore di Distretto non può essere un “generale senza esercito”, è inutile; i Dipartimenti di continuità assistenziale non devono interfacciare solo gli ospedali di 1° livello, ma tutta la rete ospedaliera.

Abbiamo bisogno che l’Università formi nuovi medici e nuovo personale sanitario sempre più capace di interagire e rispondere ai bisogni di salute della popolazione sul territorio non solo in chiave tecnologica e di iper specializzazione, ma affinando la capacità di diagnosi anche attraverso l’ascolto, l’accoglienza e la solidarietà che consenta una presa in carico delle persone nel suo insieme e non solo per organi.

Per realizzare un cambiamento come quello richiamato in precedenza è fondamentale il coinvolgimento dei Medici di medicina generale (MMG), tutti, i Medici di Assistenza Primaria, (MAP, detti comunemente di base o di famiglia), i Pediatri di Libera Scelta (PLS)e i Medici di Continuità Assistenziale (MCA) (Guardia Medica).

Tutti i Medici indicati in precedenza vanno motivati, non gestiti in modo burocratico attraverso ordini di servizio. Questo presuppone un lavoro di relazione molto profondo e ravvicinato sul quale l’organizzazione sanitaria deve investire con tenacia e con pazienza, oltre che con determinazione.

Va sviluppato il Servizio Territoriale di Continuità Assistenziale (Guardia Medica). Vanno migliorate le risorse, l’organizzazione, come l’accoglienza che oggi è ancora in parte inadeguata (vale come esempio clamoroso la sala d’ attesa di via Beroaldo, zona est), per migliorare il livello attuale. 

Se si vogliono ridurre gli accessi impropri al Pronto Soccorso, i ricoveri impropri negli ospedali, se si vuole evitare che le persone anziane e gli adulti con problemi di non autosufficienza, vengano dimesse dagli ospedali senza un adeguato supporto a livello domiciliare dobbiamo investire prioritariamente sulle Case della Salute (quindi anche sugli Ospedali di Comunità); questa scelta ha anche una ricaduta economica positiva sui costi della sanità.

Il Documento della Conferenza Metropolitana continua, invece, a puntare prioritariamente sulla strategia degli accorpamenti di dipartimenti e unità operative coltivando l’illusione che le unificazioni siano la risposta alle esigenze di razionalizzazione della spesa, manca il coraggio dell’innovazione.

L’innovazione fondamentale che dobbiamo fare in sanità non è solo tecnologica e di iper specializzazione, ma soprattutto organizzativa e metodologica.

In questi ultimi anni la principale missione affidata alle direzioni generali delle Aziende sanitarie è stata quella di contenere i costi. Ciò ha portato sia a riduzioni di personale, con relativo aggravio dei carichi di lavoro negli ospedali e nei servizi territoriali, sia ad una scarsa attenzione al clima organizzativo ed al livello di frustrazione degli operatori.

In questo ambito va segnalata la situazione di criticità dei servizi per la salute mentale sottoposti ad un forte aumento della domanda con un numero di personale medico e sanitario inadeguato. 

La missione delle direzioni generali va riequilibrata.

Bisogna occuparsi particolarmente dei carichi di lavoro, del clima organizzativo, del benessere degli operatori e della loro soddisfazione che è direttamente proporzionale al benessere degli utenti.

Per conseguire questi obiettivi un aspetto importante è anche quello della valorizzazione delle capacità professionali, sia nella Facoltà di Medicina sia nel Servizio Sanitario Regionale, ponendole, a tutti i livelli, sempre alla base dei percorsi di carriera. 

A partire da queste prime valutazioni vogliamo avviare in primo luogo un percorso di ascolto nei quartieri cittadini con un ciclo di assemblee, che si svolgerà tra gennaio e febbraio, per spiegare le nostre idee e soprattutto per ascoltare le esigenze delle cittadine e dei cittadini di Bologna e le loro proposte, al fine di arricchire le nostre opinioni per costruire una mobilitazione per il miglioramento dei servizi sociali e sanitari; in secondo luogo un confronto con le liste civiche e con le associazioni presenti nei Comuni dell’Area Metropolitana.

Bologna gennaio 2019 

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