L’intervento della nostra Emily Clancy – Consigliera Comunale in occasione del Consiglio comunale di lunedì 8 marzo, giornata internazionale delle donne, che non vogliamo considerare una festa, ma un momento di lotta per i diritti, una lotta che dura ogni giorno.

Una intollerabile disparità.

Oggi è la giornata internazionale delle donne, che non vogliamo considerare una festa ma un giorno di lotta. Come accade con le disuguaglianze, la pandemia ha esacerbato una disparità di genere già tragicamente strutturali. Voglio ricordarne qualcuno. Nel nostro paese una donna viene uccisa ogni tre giorni. Perché donna. Non è un dato che è diminuito quest’anno, passato in gran parte nelle mure domestiche, che non per tutte sono un luogo sicuro.
Nel nostro Paese le donne lavorano più ore degli uomini, cercando di conciliare lavoro e lavoro di cura ogni singolo giorno. Sempre che un lavoro ce l’abbiano.
Da inizio pandemia si contano 402.000 lavoratrici in meno, il doppio della media europea. I dati Istat più recenti fanno impallidire: su 101.000 posti di lavoro in meno a dicembre 99.000 sono di donne. Su quattro posti di lavoro persi in tutto l’arco dell’anno 3 sono di donne. E ancora l’Unione Europea delle cooperative rileva che il 70% dei posti di lavoro persi l’anno scorso apparteneva alle donne. Sappiamo che la situazione potrebbe aggravarsi di molto, quando terminerà il blocco dei licenziamenti, prorogato fino al 30 giugno 2021.
Dalla relazione annuale sulle dimissioni volontarie delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri dell’Ispettorato nazionale del lavoro per il 2019 emerge l’ennesima conferma di un fortissimo divario di genere: le dimissioni volontarie coinvolgono per il 73% le madri.
I dati sono tutt’altro che neutri, e per questo sono felice che il nostro Comune e l’assessora Zaccaria abbiano scelto di aderire alla campagna di Period Think Tank dati per contare, impegnandosi a valutare l’impatto delle proprie politiche pubbliche in un’ottica di genere.
Sono meno felice che nel nostro Comune non siamo riusciti a gridare in un coro unanime che non è giusto che ci siano delle donne madri che devono rinunciare al lavoro perché le condizioni di lavoro sono inconciliabili, incompatibili con il lavoro di cura, che ricade principalmente sulle donne, com’è successo alle lavoratrici nei magazzini di Yoox.
Ma di occupazione femminile parlerà più diffusamente di me il consigliere Martelloni, che voglio ringraziare pubblicamente perché mi pare sia l’unico consigliere uomo che ha scelto di intervenire sull’8 marzo in apertura di questo consiglio. Ringrazio anche il Sindaco per l’intervento nella seduta del consiglio solenne: è importante che la disparità di genere non sia una questione di cui si devono occupare solo le donne.
Intervengo spesso sul gender pay gap, sui diritti delle donne in molteplici ambiti, come tante colleghe consigliere. Questo 8 marzo, quest’anno, vorrei analizzare meglio il contesto in cui provo a muovermi ogni giorno, da donna: quello della politica.
La popolazione italiana è per oltre la metà femminile, 51.3 donne vs. 48.7 uomini, eppure abbiamo il 43% di assessore, e solo il 34% consigliere, il 28% donne vicesindaci, 26% donne presidenti del consiglio comunale. Le sindache nel nostro paese sono solamente il 15%. 1.167 su 7.753. Guardiamo alle regioni: su un totale di 272 presidenti eletti nella storia delle 20 regioni italiane prima del 4 marzo 2018, le donne sono state nove (più 2 facenti funzione): il 3,30 per cento. Su 20 regioni, 13 non sono mai state guidate da una donna. Parlamento? Il 23 marzo 2018 si sono insediate 109 donne al Senato e 225 alla Camera. E questa, percentuale, il 35% per cento circa dei parlamentari ed è la più alta percentuale finora registrata nella storia della Repubblica.
Governo?
Dalla I alla XVII legislatura – quella precedente all’attuale, ancora in corso – l’Italia ha avuto 64 governi, retti da 28 diversi Presidenti del Consiglio dei ministri. Nessuna donna è mai stata Presidente del Consiglio. Abbiamo dovuto aspettare il 1976 per la Cingolani sottosegretario e la Anselmi ministra. Ma su oltre 1.500 incarichi di ministro assegnati nei 64 governi della Repubblica finta l 2018, le donne ne hanno ottenuti 78. Di questi, 38 incarichi senza portafoglio. Alle donne sono stati affidati incarichi prevalentemente nei settori sociali, della sanità e dell’istruzione: ben 48 dicasteri su 80 (inclusi i 2 interim). Fino alla legislatura precedente nessuna donna aveva rivestito l’incarico di ministro dell’economia e delle finanze o delle infrastrutture e dei trasporti. Ancora oggi nessuna donna ha rivestito l’incarico di ministra in un ministero economico.
La peggiore risposta a questa intollerabile disparità è: dobbiamo candidare una donna perché donna, frase sentita o letta troppo spesso in questi mesi.
Insopportabile come quando, anche qui sempre troppo spesso, ci capita di leggere sulla stampa nei titoli che “una donna “ ha fatto qualcosa, senza il nome. Non capita agli uomini. Fateci caso.
La femminilizzazione della politica, di tanti campi ancora così pervasi da un eteropatriarcato strutturale, non passa solo per la presenza delle donne, che pure è fondamentale. Sarà raggiunta quando le donne occuperanno il posto che gli spetta da tempo nella società per la loro competenza e per le loro qualità, o è pinkwashing.
Per tutti questi motivi in tantissime e tantissimi aderiamo allo sciopero femminista e transfemminista globale, nel nostro paese promosso da Non Una Di Meno, per bloccare per un giorno il lavoro produttivo e di cura. Torneremo in piazza, a gridarlo a gran voce in migliaia, vicine: la rivoluzione sarà femminista o non sarà

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